E' riuscita a passar sopra a molte cose: la mancanza di un forno, le scope con il manico alto 40 cm che obbligano a spezzarsi la schiena, i piatti da lavare a mano perché lavastoviglie non ce ne sono. Ma sulla faccenda dello straccetto Bree non riesce proprio a darsi pace.
E' onnipresente: ovunque si vada, musei, abitazioni private, shopping mall, ci si imbatte in almeno un'inserviente che strofina stancamente o energicamente un cencio su modanature, vetri, maniglie, porte, pulsantiere di ascensori, addirittura nastri di scale mobili. Il problema è che non si scorge un secchio con l'acqua nel raggio di dieci miglia, che lo straccetto ha quella stanca sfumatura fra il grigio topo e il beige sporco e che ha tutta l'aria di non essere mai, mai stato sciacquato. Variante pavimento: secchio semivuoto con mocio passato e ripassato su superfici di 400 mq almeno. Naturalmente di detergenti o spray vari neanche l'ombra, e perché mai quando c'è l'olio di gomito?
La povera Bree, tirata su a dosi massicce di caroselli e affini con casalinghe psicotiche che pulivano con allegria furiosa pavimenti e mobili già risplendenti di loro, nonché convinta dell'assoluta necessità di possedere panni differenziati a seconda delle superfici da trattare e dei detersivi impiegati, considera la cosa una specie di insulto personale orchestrato su larga scala.
Per lei il fatto che una poveretta sia pagata per spostare lo sporco e per dare l'idea platonica di esser lì a faticare per noi, solo l'idea appunto - conta il gesto, mica il risultato - è veramente troppo. Sono anni che cerco di intortarla con la bellezza zen della faccenda svincolata dal suo bieco materialismo, dall'obbligo della performance che tutti ci stressa; cito i surrealisti, i dada, il teatro dell'assurdo eccetera.
Invano. Bree è bassamente ancorata a frusti cliché vetero femminili e da quelli non schioda, passando ogni volta davanti alla straccettante con un sospiro di esasperazione per quello spreco continuo di tempo e risorse umane.