Se avete letto il post precedente capirete come mai la Cina sia il
mercato dove cresce più velocemente la domanda di beni di lusso.
Ovviamente le griffes
rispondono, con una guerra senza esclusione di colpi per aggiudicarsi
la fetta di mercato più grossa. Si fa a gara per la boutique più
prestigiosa, l'evento più esclusivo, l'allestimento più impressive, la
location più centrale. E cosa c'è di più centrale dell'appena rinnovato e
dopo tre anni finalmente riaperto Museo Nazionale, che domina il lato
est di piazza Tian'an men con la sua mole da Stazione Termini? Ecco
dunque la vostra casalinga issarsi sull'ennesimo tacco, infilare il
capetto d'ordinanza, sfoggiare il rictus socialis di rigore in questi
casi e assistere a ben due super mostre nello stesso museo a otto giorni
di distanza.
Vuitton e Bulgari, la prima con una mostra sul
viaggio che scomoda l'artista Zhang Wang per creare un'installazione, la
seconda con un impressionante percorso storico attraverso i gioielli
più sfolgoranti della maison.
La prima, in particolare, ha
causato un sacco di polemiche: vabbé tutto, ma riaprire al pubblico il
museo che si propone di educare le masse all'arte e alla storia patria
con una mostra su borse e valigie per miliardari è sembrato un po'
troppo persino ai cinesi, notoriamente pragmatici quando si tratta di
business.
In effetti entrare sotto una gigantesca stella &
bandiera rossa, superare le sale del piano terra zeppe di enormi tele
con Mao che guida il popolo, Mao che accoglie le minoranze etniche, Mao
che falcia il grano e altre edificanti scenette per accedere
poi alla scintillante mostra vuittonica, crea una sensazione di totale
straniamento, as usual.
Meravigliosi bagagli d'epoca dal 1880 al
1930, bauli giganteschi con stampelle e tavolini e seggiolini pieghevoli
all'interno; lettini da campo per esploratori in sahariana à la TinTin;
la scicchissima cassettina degli attrezzi per far cambiare una gomma
all'autista senza involgarirlo; set di valigie fitzgeraldiani, coperti
di etichette di mitologici Grand Hotel dell'epoca e sagomati per entrare
al meglio nelle Bugatti e nelle Isotta Fraschini dei proprietari;
copriruota di scorta che possono essere usati anche come pratiche
cappelliere... praticamente è come dare uno sguardo nei guardaroba e nei
garage del Titanic. E poi les commandes spéciales: la scrivania pieghevole di Stokowsky, il porta bambole in raso rosa delle reali principesse Elisabeth e Margaret, il nécessaire
da toilette del maharaja di Jaipur con i flaconcini e le spazzole
firmati Tiffany, il porta ipod di Karl Lagerfeld, la 24ore di Greta
Garbo, tutta una serie di accessori che raccontano un mondo che sembra
impossibile eppure è esistito e che per pochissimi continua ad essere,
ancora oggi, reale.
E fa un po' effetto vedere questo pubblico che a
casa non ha il bagno, che si ammazza di fatica per un salario minimo,
che fino a quindici anni fa ha vissuto in condizioni per noi
inimmaginabili, guardare attonito resti di un passato che già a noi,
figli delle cucine economiche e delle 126 fiat, sembra pura
fantascienza.
Si potrebbero qui fare dei moralismi assortiti sul
passare da una dittatura a un'altra, dai tazebao al monogramma LV, dal plagio ideologico a quello della griffe, dalla
rivoluzione all'ossessione del fintolusso di massa, e sospirare o tempora o mores. Ma la Cina ha la capacità di non farsi imbrigliare nelle previsioni, e dunque c'è speranza, attenti a voi, product manager!