In breve, sono le nove meno cinque della mia prima sera a Tokio e ho appuntamento con uno sconosciuto totale che mi deve portare in un luogo altrettanto sconosciuto. Per giunta il mio telefono non funziona qui in Giappone, dunque sola davanti all'ignoto. Sarà che ho dormito tre ore e son stanchissima, ma un po' fuori tempo massimo mi vengono in mente dubbi postumi sull'opportunità di tutto questo. Voglio dire, Hiro-san potrebbe tranquillamente essere uno di quei serial killer tutti gentili che ti fanno a fette con un coltello da sushi e ti distribuiscono fra vari cassonetti dopo aver mangiato il tuo fegato o chessòio. Cerco nervosamente delle scuse da propinargli appena arriva, ma non mi viene in mente niente di plausibile a parte crisi epilettiche tarocche e altre cose disdicevoli. Così, quando il compitissimo Hiro si appalesa nella hall, finisco per scoppiare in una risata isterica che non sfigurerebbe in un film di Dario Argento. Lo abbraccio calorosamente come se fossimo ex compagni d'arme (il coltello, ca**o, tastagli la giacca, cerca il coltello!). Per fortuna sembra abbastanza brasato anche lui, appena tornato da Milano e Bologna, pensa tu, e non sembra notare i miei comportamenti psicotici.
La milonga è vicinissima, si rivela un posto delizioso pieno di gente. Pieno di gente brava, per l'esattezza. Altro che Pechino, il confronto è impietoso. Si sa, i giapponesi quando fan qualcosa la fanno fino all'estremo. Hiro per fortuna si rivela quello che la mia amica Cate definirebbe "un tesorino": mi presenta a diversi signori (continua a dire che sono francese, ma vabbè), mi offre da bere, si preoccupa di trovarmi un posto a sedere. Insomma, per ora tutto bene. Balliamo e riesco persino a far passare la mia postura da terrorizzato stoccafisso pre-sushi per timidezza iniziale. Incredibilmente mi invita un sacco di gente, e così la serata decolla. Forse l'abbraccio dei jap è un po' lasco, manca di convinzione, un po' come se tenessero in mano una preziosa tazza da tè, non una donna, ma insomma non si può aver tutto.
Per lo meno sarò morta contenta, penso quando imbocchiamo l'uscita. E invece no, Hiro mi riaccompagna in taxi fino all'albergo e mi lascia scendere!
-Where's the knife? Mi scappa detto.
-The knife? - appare costernato.
-Er... you know, I actually love knives. Where do you think I can buy a good one, a... ceramic one?
-Ahhh! - Si illumina lui - you can go in Kappabashi-dori!
Mentre risalgo sull'ascensore vedo Bree nello specchio che mi guarda sardonica:
- E ringraziami, che ti ho salvato la faccia con il coltello di ceramica. Ma quanto sei idiota?
Già, quanto.
2 commenti:
mi piace, quella del coltello...ma pensa se avesse avuto una pistola, cosa gli avresti chiesto!!!
peró si sa che i giapponesi preferiscono il sushi all'ossobuco.
ciao
insomma....un tesorino questo Hiro!!!!!
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