sabato 28 novembre 2009

Con occhi nuovi.

Io a Tokio ero già stata nove anni fa. L'ho ritrovata sostanzialmente identica, la stessa bellezza minimal, l'eleganza siderale delle donne, la composta solitudine delle persone che incrocio.
Eppure quanto cambia vedere il Giappone oggi, con occhi pieni di Cina. In parte per i noti trascorsi storici, quello che hanno fatto i Jap ai cinesi è una ferita che non si rimarginerà mai. In parte perché tantissime cose che credevo un tempo nippo d.o.c. sono state in realtà copiate ai vicini e portate qui all'eccellenza estrema: la scrittura, la carta, i kimono, i samurai, la porcellana ... un saccheggio culturale continuo e sistematico.
Due paesi così legati e così diversi: la Cina contraddittoria, sporca, peciona, volgare ma così viva e piena d'energia; il Giappone cristallizzato nella sua elegante, immutata e immobile perfezione.

mercoledì 25 novembre 2009

Au bonheur de Bree.

Dicevamo Kappabashi-dori. Una via assolutamente libidinosa, qui a Tokio. E non pensate subito al peggio, quello l'ho già esplorato nove anni fa per colpa di un amico che come souvenir chiedeva mutande usate di studentesse liceali (vero, Rombo?). No, Kappabashi-dori è il luogo dove tutti i negozi vendono solo accessori per cucinare.

Ora, siccome dentro di me alberga una pazza psicotica a nome Bree van de Kamp, il catalogo della spesa è questo:
-Un coltello a lama di ceramica.
-Un anello da 10 cm per piatti composé
-Una bocchetta Wilson da siringa n°8
-Colorante viola, celeste, verde.
-Zucchero cristallizzato rosa.
-Foglia d'oro alimentare.
In realtà avrei voglia di comprare praticamente tutto quello che vedo: strani utensili in bambù, stampi in legno per fare i mochi (dolcetti al tè verde), bacchette e stacci di tutte le dimensioni e, soprattutto, i finti-piatti.

Cioè l'esatta riproduzione in resina della ricetta cucinata. Costano un sacco di soldi, ma sono assolutamente meravigliosi, l'idea platonica del piatto che non riuscirò mai a fare così perfetto.


Lisbeth Salander

C'est moi! Ho trovato un sistema! Ce l'ho fattaaaaaaaaaaaaa! Dio, come sono felice! (scusate l'overdose di punti esclamativi, ma quando ce vo' ce vo').

domenica 8 novembre 2009

Un altro pianeta.


Il metrò di Marte, pardon, Tokio è un'ulteriore prova del fatto che sono alieni.


Questo è il piano tariffario. Poi non lamentatevi della dichiarazione dei redditi.


E' pieno dei divieti più strani. Come, ad esempio, truccarsi in pubblico ("ma agente, la prego non mi stavo truccando, solo incipriando il naso!"


Quest'altro cartello indica una carrozza che, nelle ore di punta, è riservata alle donne. Pare che nella folla mattutina le manomorte abbondino... forse sono un po' più umani del previsto, dopotutto.


sabato 7 novembre 2009

Tangokiller.

Beh, lo so che non è proprio la prima cosa che verrebbe in mente da dire su Tokio. Ma insomma, due mesi fa a Pechino in milonga c'era questo Hiro, avevo detto che forse dico forse una scappata l'avrei fatta, lui mi aveva dato l'email e poi via, ormai lo sapete che ho una piccola dipendenza (vedi post febbraio 09).
In breve, sono le nove meno cinque della mia prima sera a Tokio e ho appuntamento con uno sconosciuto totale che mi deve portare in un luogo altrettanto sconosciuto. Per giunta il mio telefono non funziona qui in Giappone, dunque sola davanti all'ignoto. Sarà che ho dormito tre ore e son stanchissima, ma un po' fuori tempo massimo mi vengono in mente dubbi postumi sull'opportunità di tutto questo. Voglio dire, Hiro-san potrebbe tranquillamente essere uno di quei serial killer tutti gentili che ti fanno a fette con un coltello da sushi e ti distribuiscono fra vari cassonetti dopo aver mangiato il tuo fegato o chessòio. Cerco nervosamente delle scuse da propinargli appena arriva, ma non mi viene in mente niente di plausibile a parte crisi epilettiche tarocche e altre cose disdicevoli. Così, quando il compitissimo Hiro si appalesa nella hall, finisco per scoppiare in una risata isterica che non sfigurerebbe in un film di Dario Argento. Lo abbraccio calorosamente come se fossimo ex compagni d'arme (il coltello, ca**o, tastagli la giacca, cerca il coltello!). Per fortuna sembra abbastanza brasato anche lui, appena tornato da Milano e Bologna, pensa tu, e non sembra notare i miei comportamenti psicotici.
La milonga è vicinissima, si rivela un posto delizioso pieno di gente. Pieno di gente brava, per l'esattezza. Altro che Pechino, il confronto è impietoso. Si sa, i giapponesi quando fan qualcosa la fanno fino all'estremo. Hiro per fortuna si rivela quello che la mia amica Cate definirebbe "un tesorino": mi presenta a diversi signori (continua a dire che sono francese, ma vabbè), mi offre da bere, si preoccupa di trovarmi un posto a sedere. Insomma, per ora tutto bene. Balliamo e riesco persino a far passare la mia postura da terrorizzato stoccafisso pre-sushi per timidezza iniziale. Incredibilmente mi invita un sacco di gente, e così la serata decolla. Forse l'abbraccio dei jap è un po' lasco, manca di convinzione, un po' come se tenessero in mano una preziosa tazza da tè, non una donna, ma insomma non si può aver tutto.
Per lo meno sarò morta contenta, penso quando imbocchiamo l'uscita. E invece no, Hiro mi riaccompagna in taxi fino all'albergo e mi lascia scendere!
-Where's the knife? Mi scappa detto.
-The knife? - appare costernato.
-Er... you know, I actually love knives. Where do you think I can buy a good one, a... ceramic one?
-Ahhh! - Si illumina lui - you can go in Kappabashi-dori!

Mentre risalgo sull'ascensore vedo Bree nello specchio che mi guarda sardonica:
- E ringraziami, che ti ho salvato la faccia con il coltello di ceramica. Ma quanto sei idiota?

Già, quanto.

venerdì 6 novembre 2009

La casalinga di Tokio

Non mi sembra vero: sono a Tokio per cinque giorni e finalmente posso ripostare sul sol dell'avvenir. Avrei tante cose da dirvi, ma sono così felicemente instupidita che non ci riesco. A prestissimo!