mercoledì 24 marzo 2010

Tempesta di sabbia.

Sabato mattina mi sono svegliata in un episodio di Spazio 1999. Il cielo, e tutto il resto, era completamente arancione, come se avessero messo un filtro colorato davanti alla finestra. Ora, vivere in Cina vuol dire essere immersi nella surrealtà da mane a sera, ma per la prima volta questa sensazione era fisicamente certificata, come dire palpabile ed evidente allo sguardo.
Era come se il mondo mi stesse dicendo "bella (il mondo è gentile col mio superIo ultimamente malconcio), hai proprio ragione: non sei tu che sei strana, è qui che è un delirio". Poi il vento ha progressivamente smesso di soffiare sabbia e il pomeriggio il cielo era pulito. Così ho ricominciato la mia assurda vita normale.

lunedì 15 marzo 2010

Nonsolofitness.

Dal 5 al 19 Marzo a Pechino c'è il Bookworm Literary Festival, l'evento culturale per eccellenza della stagione. Pur di avere una scusa valida e saltare qualche lezione col sergente Hartmann aka Lao-she Tsu, compro un po' di biglietti per seguire i vari incontri con scrittori affermati e non. Il programma è ricchissimo, prevede presentazioni, dibattiti, seminari di scrittura, literary lunch, gala dinner and so on. E' tutto molto interessante, o meglio lo sarebbe se la vostra casalinga avesse un inglese fluent come dichiarava in perfetta buona fede nei curricula. La triste realtà è che:
-gli australiani, nze capiscono
-i neozelandesi secondo me non li capiscono nemmeno gli australiani
-gli indiani hanno un accento assurdo, e nze capiscono
-gli scozzesi, boh, parlassero come bevono andrebbe tanto meglio
-gli inglesi parlano un inglese troppo inglese, troppo veloce e troppo a scatti, e nze capiscono
In pratica comprendo solo gli irlandesi, quasi tutti gli americani e David Grossman.
E non ho nemmeno la scusa di discorsi astrusi e culturalmente elevati, gli scrittori qui si fanno un dovere di non fare gli intellettualoidi e parlare con humour e understatement, son proprio io che sono bestia.

giovedì 11 marzo 2010

kung fu Mav

Sì, lo so che dovevo dirlo prima, ma mi vergognavo.
In breve, in preda alla nota sindrome d'inizio anno, quella che fa schizzare in alto i bilanci delle palestre e dei fruttivendoli, e segna temporanee flessioni del consumo di sigarette, la sottoscritta si è iscritta a un corso di tai chi o qi gong che dir si voglia.

(Pausa scenica per permettere a chiunque la conosca dal vivo di sghignazzare con cachinni e lazzi assortiti: Mav odia qualunque forma di fitness e rémise en forme, a meno che non preveda lo sbattimento fisico di qualcun altro, un massaggiatore, ad esempio)

Seriamente convinta di diventare istantaneamente alta, bionda e con look glamourello come la protagonista di Kill Bill, la vostra incauta eroina si presenta all'Istituto di cultura italiano alla prima lezione insieme a un altro gruppo di disgraziate. Il maestro, lao-she Tsun, è un omino minuto a cui non daresti un fico secco, come nella migliore tradizione dei film di kung fu. In realtà pare sia stata una delle ultime guardie speciali al servizio del grande Timoniere, quindi mi aspetto che improvvisamente salti in aria urlando "lame rotanti!" affettando tutti i nostri eventuali cuscinetti di cellulite (e sottolineo eventuali).

In breve è chiaro che più che alla sposa tarantiniana somiglio a kung fu panda. E sono pure una delle meglio del gruppo: annaspiamo tutte in pose fra lo sgraziato e il paraplegico, mentre lao-she Tsun continua a correggerci con aria impassibile senza nemmeno contorcersi dalle risate.
Ora, non credete a tutti quei quadretti di zen di vecchietti che fanno armoniose mosse di tai chi nei parchi all'alba: essa disciplina è un'arte marziale stilizzata sì, ma tutt'ora tostissima e fa un male bestiale a tutta una serie di muscoletti bastardi che non avevano mai appalesato prima la loro esistenza.

La seconda lezione ci vede ridotte della metà, ma io vado avanti, perbacco, avete mai visto kung fu panda mollare il colpo? Sono sicura che dopo la decima lezione diventerò Uma, basta tenere duro, sìssì.