venerdì 25 dicembre 2009

Melyclismas

and happy New Year! La casalinga di Pechino vi augura buone feste e vi dà appuntamento a metà gennaio. Auguri!

sabato 12 dicembre 2009

I comunisti mangiano gli arancini?

In occasione della settimana del cinema italiano a Venezia, la vostra casalinga si ritrova ancora una volta catapultata in mezzo a uno sceltissimo milieu culturale: serata con Marco Müller, Giuseppe Tornatore e gli attori protagonisti del suo ultimo film, Baarìa. La proiezione ha visto un pubblico numeroso ed entusiasta che mi chiedo cosa abbia colto del film. Ovvero, come possono i communisti cinesi aver capito qualcosa di quelli siciliani e delle lotte contro i latifondisti e la mafia? Boh. Comunque il regista è simpatico e molto alla mano, gli interpreti deliziosi, sebbene la fanciulla faccia venire più di un complesso d'inferiorità, e l'unica vera delusione è proprio MM, piuttosto scostante e interessato solo ed esclusivamente ai numerosi registi cinesi presenti a cena. Evabbé, vorrà dire che il mio prossimo capolavoro sulle etnie mong dello Yunnan lo presenterò al Festival di Cannes, tiè.

sabato 28 novembre 2009

Con occhi nuovi.

Io a Tokio ero già stata nove anni fa. L'ho ritrovata sostanzialmente identica, la stessa bellezza minimal, l'eleganza siderale delle donne, la composta solitudine delle persone che incrocio.
Eppure quanto cambia vedere il Giappone oggi, con occhi pieni di Cina. In parte per i noti trascorsi storici, quello che hanno fatto i Jap ai cinesi è una ferita che non si rimarginerà mai. In parte perché tantissime cose che credevo un tempo nippo d.o.c. sono state in realtà copiate ai vicini e portate qui all'eccellenza estrema: la scrittura, la carta, i kimono, i samurai, la porcellana ... un saccheggio culturale continuo e sistematico.
Due paesi così legati e così diversi: la Cina contraddittoria, sporca, peciona, volgare ma così viva e piena d'energia; il Giappone cristallizzato nella sua elegante, immutata e immobile perfezione.

mercoledì 25 novembre 2009

Au bonheur de Bree.

Dicevamo Kappabashi-dori. Una via assolutamente libidinosa, qui a Tokio. E non pensate subito al peggio, quello l'ho già esplorato nove anni fa per colpa di un amico che come souvenir chiedeva mutande usate di studentesse liceali (vero, Rombo?). No, Kappabashi-dori è il luogo dove tutti i negozi vendono solo accessori per cucinare.

Ora, siccome dentro di me alberga una pazza psicotica a nome Bree van de Kamp, il catalogo della spesa è questo:
-Un coltello a lama di ceramica.
-Un anello da 10 cm per piatti composé
-Una bocchetta Wilson da siringa n°8
-Colorante viola, celeste, verde.
-Zucchero cristallizzato rosa.
-Foglia d'oro alimentare.
In realtà avrei voglia di comprare praticamente tutto quello che vedo: strani utensili in bambù, stampi in legno per fare i mochi (dolcetti al tè verde), bacchette e stacci di tutte le dimensioni e, soprattutto, i finti-piatti.

Cioè l'esatta riproduzione in resina della ricetta cucinata. Costano un sacco di soldi, ma sono assolutamente meravigliosi, l'idea platonica del piatto che non riuscirò mai a fare così perfetto.


Lisbeth Salander

C'est moi! Ho trovato un sistema! Ce l'ho fattaaaaaaaaaaaaa! Dio, come sono felice! (scusate l'overdose di punti esclamativi, ma quando ce vo' ce vo').

domenica 8 novembre 2009

Un altro pianeta.


Il metrò di Marte, pardon, Tokio è un'ulteriore prova del fatto che sono alieni.


Questo è il piano tariffario. Poi non lamentatevi della dichiarazione dei redditi.


E' pieno dei divieti più strani. Come, ad esempio, truccarsi in pubblico ("ma agente, la prego non mi stavo truccando, solo incipriando il naso!"


Quest'altro cartello indica una carrozza che, nelle ore di punta, è riservata alle donne. Pare che nella folla mattutina le manomorte abbondino... forse sono un po' più umani del previsto, dopotutto.


sabato 7 novembre 2009

Tangokiller.

Beh, lo so che non è proprio la prima cosa che verrebbe in mente da dire su Tokio. Ma insomma, due mesi fa a Pechino in milonga c'era questo Hiro, avevo detto che forse dico forse una scappata l'avrei fatta, lui mi aveva dato l'email e poi via, ormai lo sapete che ho una piccola dipendenza (vedi post febbraio 09).
In breve, sono le nove meno cinque della mia prima sera a Tokio e ho appuntamento con uno sconosciuto totale che mi deve portare in un luogo altrettanto sconosciuto. Per giunta il mio telefono non funziona qui in Giappone, dunque sola davanti all'ignoto. Sarà che ho dormito tre ore e son stanchissima, ma un po' fuori tempo massimo mi vengono in mente dubbi postumi sull'opportunità di tutto questo. Voglio dire, Hiro-san potrebbe tranquillamente essere uno di quei serial killer tutti gentili che ti fanno a fette con un coltello da sushi e ti distribuiscono fra vari cassonetti dopo aver mangiato il tuo fegato o chessòio. Cerco nervosamente delle scuse da propinargli appena arriva, ma non mi viene in mente niente di plausibile a parte crisi epilettiche tarocche e altre cose disdicevoli. Così, quando il compitissimo Hiro si appalesa nella hall, finisco per scoppiare in una risata isterica che non sfigurerebbe in un film di Dario Argento. Lo abbraccio calorosamente come se fossimo ex compagni d'arme (il coltello, ca**o, tastagli la giacca, cerca il coltello!). Per fortuna sembra abbastanza brasato anche lui, appena tornato da Milano e Bologna, pensa tu, e non sembra notare i miei comportamenti psicotici.
La milonga è vicinissima, si rivela un posto delizioso pieno di gente. Pieno di gente brava, per l'esattezza. Altro che Pechino, il confronto è impietoso. Si sa, i giapponesi quando fan qualcosa la fanno fino all'estremo. Hiro per fortuna si rivela quello che la mia amica Cate definirebbe "un tesorino": mi presenta a diversi signori (continua a dire che sono francese, ma vabbè), mi offre da bere, si preoccupa di trovarmi un posto a sedere. Insomma, per ora tutto bene. Balliamo e riesco persino a far passare la mia postura da terrorizzato stoccafisso pre-sushi per timidezza iniziale. Incredibilmente mi invita un sacco di gente, e così la serata decolla. Forse l'abbraccio dei jap è un po' lasco, manca di convinzione, un po' come se tenessero in mano una preziosa tazza da tè, non una donna, ma insomma non si può aver tutto.
Per lo meno sarò morta contenta, penso quando imbocchiamo l'uscita. E invece no, Hiro mi riaccompagna in taxi fino all'albergo e mi lascia scendere!
-Where's the knife? Mi scappa detto.
-The knife? - appare costernato.
-Er... you know, I actually love knives. Where do you think I can buy a good one, a... ceramic one?
-Ahhh! - Si illumina lui - you can go in Kappabashi-dori!

Mentre risalgo sull'ascensore vedo Bree nello specchio che mi guarda sardonica:
- E ringraziami, che ti ho salvato la faccia con il coltello di ceramica. Ma quanto sei idiota?

Già, quanto.

venerdì 6 novembre 2009

La casalinga di Tokio

Non mi sembra vero: sono a Tokio per cinque giorni e finalmente posso ripostare sul sol dell'avvenir. Avrei tante cose da dirvi, ma sono così felicemente instupidita che non ci riesco. A prestissimo!

sabato 5 settembre 2009

Metafisica dei tubi.

Sono le nove di sera in cucina, sto preparando litri di brodo in quantità industriale (è ovviamente la mia parte Bree che ha preso le redini). Vedo dell'acqua a terra, penso di aver versato qualcosa, ma scende dal soffitto. Chiamo il management, che mi manda su un omino in tuta rossa con scala. In perfetto stile Brazil, incomincia a scardinarmi il soffitto: è il tubo dell'aria condizionata che è andato. Parte una spiega di cui ovviamente non capisco niente, urge nuova telefonata al management, che mandino su anche qualcuno che parli inglese, please. E il secondo omino arriva puntuale, questa volta un colletto bianco azzimatissimo, con cravatta.
Which country are you from? - chiede
Wo shì I da lì ren - rispondo, rassegnata all'ennesimo confronto calcistico su Roberto Baggio che seguirà inevitabile. (Nota: per i cinesi Baggio è molto, molto più di Maradona, Pelè o Beckham)
-Ah! Antonioni!
Strabuzzo gli occhi, non immaginavo tali raffinatezze calcistiche.
-Fellini, Antonioni, so beautiful!- continua l'omino. Sono basìta.
-Have you seen "Deserto rosso"? - continua l'alieno.
Finisce che se ne va tutto contento, con una copia del documentario di Antonioni sulla Cina in prestito. Ancora non riesco a credere che sia successo.

lunedì 31 agosto 2009

Dubbio postumo bis.

Ho scoperto che E' VIETATO ANDARE IN BICICLETTA NEI PARCHI! La prossima volta mi compro un SUV, giuro. Ma si può? Evidentemente un uso non puramente utilitaristico della bici è considerato un crimine contro il comunismo. Marx che ne dice? Qualcuno l'ha letto? Pedalare nel verde è l'oppio dei popoli?

Dubbio postumo.

Ehm, forse non è stata un'ideona, la bici. Stanno risistemando tutte le strade qua intorno per via della grande parata del 1°Ottobre. Ma non avevano già rifatto tutto per le Olimpiadi? Ho cercato di percorrere Guanghua Lu e sembrava Apocalipse Now.

mercoledì 26 agosto 2009

Ich bin ein Beijinger.

Visto che ormai sono una vera pechinese, ho deciso di migliorare la qualità della vita, o di chiuderla del tutto vedremo. E' che sto sviluppando una feroce intolleranza all'uso dei taxi, la macchina qui è un affare complesso e quindi rimangono le due ruote. Ora, cosa c'è di meglio che andare in bici a Pechino, direbbe il romantico, giusto un attimo prima di essere stirato sulle strisce pedonali da un camioncino in contromano. Perché qui il traffico è, come dire, anarchico. In città vengono immatricolate 1000 auto al giorno, le sei enormi circonvallazioni che circondano Pechino e sono le principali vie di scorrimento sono intasate di macchine dalla mattina alla sera, e le pur onnipresenti corsie riservate alle bici sono spesso e volentieri preda di sidecar impazziti, camioncini stracarichi, pulmann turistici ecc.
Ah, e la svolta a destra è sempre consentita, che il semaforo sia rosso oppure no.
Ma insomma, ormai ho deciso, e quindi entro impavida nel fantastico negozio di biciclette "Giant", rinomata marca taiwanese. Qui la scelta è davvero ampia: mountain bike, city bike, olandesi, in alluminio, in acciaio, elettriche... Naturalmente la vostra eroina non è in grado di percepire la minima differenza e, come nelle più trite barzellette maschiliste da Settimana Enigmistica, riesce solo a pensare quale colore si adatterà meglio a tutte le sue scarpe.
Ne esco orgogliosa proprietaria di una splendida bici grigia che mi è costata un terzo di quanto ho speso per il lucchetto. Vedremo quanto dura, o quanto duro io, dipende.

giovedì 20 agosto 2009

Piove, governo ladro. Tifone, governo comunista?

YouTube bloccato da mesi. Al blog accedo solo, faticosamente, tramite proxy. E adesso anche Yahoo, Facebook e aNoobi sono irraggiungibili. Il primo ovvio pensiero va alla censura: man mano che il 1° ottobre si avvicina, festa nazionale e quindi eventuale megavetrina per denunce di vario genere, le maglie della Rete si stringono...
e invece no, guarda tu che malfidata e prevenuta, pare dico pare che stavolta la colpa sia del tifone Morakot e del terremoto sottomarino che ha colpito Taiwan, danneggiando cavi sottomarini da cui dipendono numerose connessioni soprattutto europee e statunitensi. Ora, se non sono proprio idioti, fossi in loro riparerei i cavi in modo lento lento lento... fino al 2 ottobre, magari?

sabato 15 agosto 2009

Buddha metropolitani.

Dal 7 Agosto qui comincia ufficialmente l'autunno. Peccato non se ne sia accorto ancora nessuno, fa un caldo boia. Le cinesi resistono composte e impassibili, alcune persino con su guantini, foulard e collant. Bella forza, le maledette praticamente non sudano, ho scoperto. Tutt'altra aria sul fronte maschile: praticamente non c'è uomo senza la camicia o la canotta arrotolata fino alle ascelle e la panza scoperta. Probabilmente qui le mamme cinesi non fanno che raccomandare ai figli di togliere la maglietta della salute fin dalla più tenera età.
E non crediate che sia per esibizionismo, il cinese è pudìco e purtroppo la moda dell'addominale tonico non è ancora arrivata. Non che io sia fanatica del six pack, anzi. Ma insomma, tutto questo flaccidume esposto in bella vista non è il massimo, ecco.
Pare che nella credenza popolare far prendere aria all'ombelico abbia un qualche collegamento con la pancia del Buddha e faccia bene all'equilibrio YingYang. Non al mio, comunque. Non è che Dolce & Gabbana potrebbero tappezzare la città con quei loro manifesti pieni di tizi imbronciati con la canotta tesa sugli addominali scolpiti? Così, tipo campagna sociale.

venerdì 24 luglio 2009

Blackout.

Scusate la sparizione. Succede, quando si va in vacanza in un'italica isoletta completamente sprovvista di contatti col mondo. Wi-fi, cellulari, tacche, internet access, qui sono nomi astratti quanto ideogrammi. Probabilmente l'isola stessa è stata data in gestione al ministero cinese per le telecomunicazioni. E io che mi ero trasportata il computer fin qui... Mi sono sentita idiota come molti anni fa, quando arrivai a Formentera ospite di un giardiniere hippy amico di amici. Viveva in una deliziosa casetta zen coltivando amorevolmente marijuana sul retro. L'acqua si prendeva dal pozzo. Per la luce, romantiche candele. E io con una valigia piena di, ehm, arricciacapelli elettrici e silképil, cose così. Ancora arrossisco a pensarci.

domenica 21 giugno 2009

Olé!

Un conoscente spagnolo organizza un concerto di flamenco per raccogliere fondi a scopo benefico. Ora non so voi, ma io il flamenco lo odio. In modo irrazionale e campanilistico naturalmente, da tanguera, come solo ci si può odiare fra vicini di casa, o fra pallavolisti e giocatori di basket. E poi quegli orrendi vestiti a pois con le gale, bleah!
Intervento a gamba tesa di Bree:-Resta pure a casa, lascia che questo bambino muoia per mancanza di cure. Poi, avessi qualcosa da fare...
E quindi eccomi qua, in un'enorme sala vuota con le pareti decorate di stoffa rossa a pois bianchi, un incubo. Non conosco un cane, as usual. Pochissima gente. Gli uomini praticamente tutti spagnoli. Le altre donne sono fanciulle cinesi che hanno l'aria di sedicenni scappate da scuola nell'ora della ricreazione (prima o poi dovrò pur scrivere un post sulla fortezza d'animo richiesta a qualunque donna occidentale overtrenta nel confrontarsi con il gentil sesso locale). Insomma, tutto sembra congiurare per farla diventare una delle dieci-peggiori-serate-della-mia-vita.
Poi il duo Trujero comincia a suonare, e stranamente son bravi. Compare anche una cantante, ancor più stranamente brava visto che è di Ulan Bator. E per finire, una fantastica ballerina di flamenco perfettamente in tono, un po' sovrappeso, capelli neri, scialle rosso, orrendo vestito a pois con le gale. Però è cinese. Sono completamente stranita.
Man mano l'atmosfera si riscalda e le pseudosedicenni si buttano a ballare anche loro. E sarà la musica, il ballo o la sangrìa, finalmente vedo delle cinesi che si smollano, che ridono, che esprimono un'emozione vera. In questi mesi è una cosa che mi ha sconcertato non poco, un sorrisino di cortesia, magari una risatina, ma il viso impenetrabile delle cinesi è qualcosa di così estraneo e difficile da accettare nei rapporti quotidiani, una distanza fisiognomica ancora più difficile da colmare di quella linguistica. Anche nel vederle ballare il tango non trasmettono in apparenza alcun sentimento, almeno da fuori sembrano magari aggraziate, ma totalmente impassibili.
E invece mi tocca ringraziare il flamenco, mi tocca.

venerdì 12 giugno 2009

Non si uccidono così anche i cavalli?

"L'Ambasciatore e la Signora ... per salutare Barbara e Daniele S. ...invitano a una cena"
"Per salutare la cara Barbara S., siete invitate a un aperitivo-buffet..."
"Barbara e Daniele S., in occasione della loro partenza, invitano a un party di saluto..."

Il tutto nella stessa settimana, giuro. Probabilmente un saluto unico qui è considerato cosa da veri barboni. Si narra di una coppia che l'anno scorso è stata salutata per un mese e mezzo di fila (spero che qualcuno gli abbia poi sparato alla tempia per finirli, poveretti). Alla fine uno non vede l'ora che i carissimi Barbara e Daniele spariscano in fretta e definitivamente all'orizzonte, prima che a qualcun'altro venga in mente di salutarli con un brunch, una colazione seduta, un breakfast in piedi, un after hour sdraiati o un giro di crodini al bar.
Ma che incubo! Per giunta ora che uno dovrebbe stare un po' a dieta, c'è la prova-costume dietro l'angolo insomma.

venerdì 5 giugno 2009

Liberi tutti.

Volevo rispondere a un'osservazione nell'ultimo post, poi mi sono messa a riflettere perché in effetti la questione è complessa ed è in parte una risposta a cosa ci trovo di affascinante nello stare a Pechino. E' paradossale, visto che si parla di un regime, ma il senso di libertà che respiro qui è incredibile. In parte perché sono fuori ruolo io, in vacanza da me medesima, per così dire. Certamente lo status da expat ti colloca poi in una zona franca nella quale puoi assumere identità nuove e diverse da tutto quello che eri in patria (Bree ne ha approfittato biecamente, per dire). Ma soprattutto questo straordinario frullato di stili, usi, costumi e persone che è diventata la Pechino di oggi, e la sua rapidissima esposizione al mondo esterno, hanno reso tutti piuttosto imperturbabili a qualunque tipo di eccentricità, comportamentale e di abbigliamento. Qui è facile vedere dentro una banca signori in pigiama e impeccabili gessati da City di Londra. Nei limiti (pesanti, per carità), che conosciamo, puoi fare quello che vuoi, they really don't care. Non sarà un paese libero, ma di certo è molto liberatorio.

martedì 2 giugno 2009

Pechinotrendy.

Qui col trendy non si scherza. Nel senso che o proprio non si sa cosa sia o si va giù pesantissimi. Prendete il Bellagio, che a dispetto del nome è un ristorante taiwanese. Situato nella fighissima zona del Worker's Stadium, vicino ai più rinomati locali notturni, il luogo vanta una clientela glamourella quant'altri mai, che da sola vale la cena. Grazie a un tavolo vista ingresso vedo arrivare giovanotti con cresta bionda, fanciulle con occhiali da sole giganti e cappelli a tesa larga (sono le 8 pm), catene e catenelle che spuntano da ogni dove, minigonne inguinali e persino un tizio con la felpa a rovescio, zip sulla schiena e cappuccio sotto il mento. Mentre tento di allacciare il tovagliolo al contrario, tanto per non abbassare il livello glam generale, noto qualcosa di strano che al momento non riesco a definire. Finalmente mi rendo conto che le cameriere sono clonate. Ovvero, non solo vestite tutte uguali, ma anche pettinate uguali, tutte con lo stesso taglio corto e scolpito, sicuramente firmato da Tony e Guy, oh yeah.

venerdì 29 maggio 2009

W gli hacker!

E i proxy, e gli amici che me li postano! Dal 15 maggio non potevo più accedere a blogspot, quindi niente sol dell'avvenir. Ma grazie a un paziente lavoro di hackeraggio, la vostra casalinga è di nuovo in rete. Merci beaucoup a Pietro, Fabri,Ylenia.

giovedì 14 maggio 2009

Fil rouge!

E' finalmente arrivata la stagione dei garden parties, che personalmente ho solo letto nei romanzi di Greene, Waught & co. Io vivevo bene anche senza, ma per Bree questo è un momento diciamo essenziale dell'esistenza. Così, quando arriva il fatidico cartoncino dell'ambasciata europea, ci si issa sul tacco alto e via. 
Secondo Bree, un garden party dove non si conosce nessuno comporta un bicchiere di bianco graziosamente tenuto in mano e diversi sorrisi or qui or là come se si conoscessero tutti ma si fosse indecise su chi salutare per primi. La soluzione Belushi prevederebbe di arraffare tutto l'alcol disponibile, abbordare sconosciuti, ridere a crepapelle mentre si farfugliano storielle sconnesse, per vomitare infine dietro un cespuglio di ortensie. La mia via di mezzo consiste nel trattare il tutto come il mitico "Giochi senza frontiere":
a- Indovinare la provenienza degli invitati dall'abbigliamento delle signore.
b- Salutare Gennaro Olivieri (in questo caso l'ambasciatore europeo) alternando una frase in inglese a una in francese o altra lingua della UE.
c- Identificare tutte e 27 le bandierine degli stati membri (o sono 28?)
d- Girare tutti gli scaldavivande del catering cinese che ha preparato la sua versione di 27 o 28 cucine e fare il giro delle nazioni in un solo piatto, restando vivi.
e- Scommettere con il proprio vicino che si avrà il coraggio di assaggiare la cucina più disgustosa e repellente di tutte, siete indecise fra quella romena e quella estone.
f- Scoprire che il vicino è estone.
g- Seppellirsi dietro un cespuglio di ortensie.

domenica 10 maggio 2009

Zen interruptus.

Come è fragile l'equilibrio che si pensa di aver costruito qui. Ci si sente forti, ci si applaude mentalmente anche un po' per essere riusciti a crearsi un piccolo mondo di amicizie e di affetti, e poi basta così poco a mandarlo in pezzi: una brutta notizia dall'Italia, un'amica ammalata, un'altra che rientra alla fine del suo incarico, e tutto crolla ricade al centro e si mescola, come tessere di mahjong a fine partita. Azzerare, rimettere in fila, sottrarre, ricostruire ancora una volta, sempre.

domenica 26 aprile 2009

Senza sole 2

La primavera è esplosa, dopo tanto freddo, ma la cosa buffa è che la gente sembra ancora più coperta di prima. In realtà sono soprattutto le donne: guanti bianchi di cotone, mascherine sul viso, enormi visiere, veli, ombrelli. Tutto pur di non macchiare la nivea carnagione con un raggio solare che sia uno. L'effetto finale è un po' inquietante, una via di mezzo fra Michael Jackson e il Fantasma di Canterville. Ma un filtro solare no?

lunedì 20 aprile 2009

Senza sole.

Forse non c'entra scriverlo qui, se non per il fatto che era nato a Shanghai, ma è morto J.G.Ballard e mi sembra che la mia libreria, già così scarna qui a Pechino, sia ancora un po' più vuota. Per molti è scomparso un grande autore di fantascienza, secondo me è mancato un grande Autore e basta. Molti dei suoi libri erano pura premonizione di una società già esistente in nuce, ma che solo lui sapeva vedere prima che tutti noi ce ne accorgessimo. E la qualità visiva della sua scrittura è impressionante, come dimostrano i vari film tratti dai suoi libri, da "L'impero del sole" a "Crash". 
Personalmente avrei girato un film su "Condominium", romanzo bello e cattivo. Mi stupisce che nessuno ci abbia ancora provato, che io sappia, ma spero sempre che prima o poi succeda. Uno bravo sul serio, però.  

venerdì 17 aprile 2009

La scimmia di Pechino.

"Liang kuài" dice l'insegnante, ovvero "nice and cool for weather or places". Alzo timidamente la mano: ma "liang kuai" non voleva dire "due kuai", ovvero due yuan? Sguardo schifato della stessa che prima finge di non capire (non ci credo che non abbia veramente capito) e poi, come rammentando faticosamente qualcosa di simile ma lontanissimo, tipo il collegamento fra uomo e scimmia, concede un "Oh, maybe you mean "liang kuai" but this is "liang kuai", it's very different.
Dall'espressione è evidente che la scimmia sono io. Prima o poi la ammazzo, questa.

mercoledì 8 aprile 2009

Res sunt consequentia nominum.

Non arrivano giornali italiani, qui. A parte l'online, leggo del terremoto sul China Daily e su altri giornali di Hong Kong e inglesi. L'unica reazione che ho avuto in questi giorni è compulsare testi e didascalie cercando forsennatamente refusi. Come se trovare errori nella dizione di Onna, Paganica, L'Aquila, servisse a rendere il tutto più lontano, meno reale, meno orribile, meno vero. 

2.610 metri sopra il cielo.

Cito dalla guida Mondadori: "Il più elevato dei cinque monti taoisti della Cina, l'Hua Shan è caratterizzato da ripide salite, burroni pericolosi e viste sconfinate." Ah, e da catene a cui sono appesi numerosi lucchetti. "Secondo l'usanza le coppie fanno incidere i loro nomi su due lucchetti e li chiudono insieme appendendoli alla catena per sempre." 
E io che pensavo che Moccia avesse avuto almeno un'idea.

venerdì 27 marzo 2009

Surrealismi.

Siete in macchina, bloccati al solito semaforo eterno nel traffico dell'ora di punta. In questo preciso momento cosa vi servirebbe dal vuccumprà che si aggira fra le auto? Giornali? Ricariche per telefonini? Settimana enigmistica? Smalto per unghie? Lavaggio vetri? Naaa. Ve lo dico io cosa: carte geografiche di quelle da aula scolastica, tartarughe vive e cavetti elettrici, ecco di cosa avete bisogno. O perlomeno, questo è quello che vende il tizio qui all'incrocio del terzo anello con Sanlitun, giuro. O è un atto surrealista da far schiattare d'invidia Duchamp, o c'è un logica che al solito mi sfugge. Interrogare la tartaruga sui capoluoghi di provincia della Cina in senso antiorario, e poi se non li sa torturarla con i cavetti elettrici? Ricaricare la batteria e nel frattempo imparare a memoria i suddetti capoluoghi? (Già, ma la tartaruga?). Imbastire una corsa clandestina di tartarughe da un estremo all'altro della carta geografica, tenuta stesa dai cavetti pinzati ai parafanghi di quattro auto ferme? Mangiare la tartaruga direttamente nel suo guscio, dopo averla fritta con delle scariche elettriche? (E la carta geografica? Stesa sulle ginocchia per non sporcare). Sottili allusioni a problemi interni in alcune zone della Cina, risolvibili a colpi di scariche con molta, molta pazienza?
Ora, non è possibile che un paese la cui sola religione è il denaro perda tempo, quindi soldi, con performances alla Dalì. Ci deve essere una ratio. Forse il tassista lo sa, se solo sapessi dire tartaruga, cavetti elettrici e carta geografica in cinese, maledizione!
L'unica cosa che mi viene in mente mentre scatta il verde, è che i Beatles avrebbero  dovuto venire qui, non in India. Altro che Lucy in the sky with diamonds.

mercoledì 25 marzo 2009

Schermi neri.

You Tube kaputt. Proprio quando cominciavo a pensare che in fondo...
Mi sembra un gigantesco errore di comunicazione, più che altro.

lunedì 16 marzo 2009

Il prezzo del prezzo stracciato

Ci sono quelli che adorano mettersi lì e contrattare fino allo sfinimento. Personalmente faccio fatica persino a chiedere uno sconto il giorno prima dei saldi, e qui una delle cose che mi pesa di più è la continua sceneggiata ogni volta che devo acquistare qualcosa.
In Cina esiste un prezzo per i cinesi e uno per i laowai. A volte c'è persino un terzo prezzo per i giapponesi, ancora più caro. Se la cosa vale per i biglietti aerei, figuratevi al mercato. La negoziazione è un'arte sottile, bisogna sorridere sempre e alternare impuntature ad aperture diplomatiche. Soprattutto, non bisogna far perdere la faccia al negoziante, qui è molto importante. Duoshao qing? Chiedo quando finalmente ho trovato il paio di scarpe, o la sciarpa, o qualunque cosa cerco. Di solito viene sparato un prezzo allucinante. Ta guei la! replico indignata facendo le facce da maschera tragica di chi ha appena assistito a un omicidio. Il tizio si mostra molto poco toccato. Wo zhai Beijing, aggiungo. Il sapere che vivo qui e le due parole in cinese cominciano a far scendere un po' il prezzo. Altra frase ad effetto è Wo bushì meiguoren, non sono mica americana. Da qui parte l'escalation. Senza più alcun briciolo di dignità, sono pronta a tirar fuori amene storielle su bambini senza cibo per via delle scarpe nuove o mariti violenti che mi uccideranno tagliandomi la gola dopo aver scoperto che pago prezzi così alti e non so fare la spesa, roba che neanche i taliban. Dopo una contrattazione sfinente a base di This is my last price, You are joking! Wo bù yao, mei guanxi (non lo voglio più, non importa), finte uscite di scena e rientri degni di Wanda Osiris, finalmente raggiungo un prezzo accettabile. Nel frattempo sono passati 25 minuti, ho i nervi a pezzi e devo comprare altre 12 cose. Arrivo a casa distrutta e la sera, alla fatidica domanda "Che hai fatto oggi?" dovrei rispondere "Ho combattuto la terza guerra mondiale per portare il prezzo di una stoffa da 4,80 a 4,65 €". A quel punto io stessa mi guardo da fuori e mi sembro pazza, quindi "No, niente" è la risposta standard migliore. Come rimpiango quei bei prezzi carissimi nostrani, con tanto di commessa altezzosa che sibila "No, noi non facciamo sconti"!

venerdì 13 marzo 2009

La cena dei cretini (sempre io).

Non solo sono sopravvissuta, mi sono persino divertita. Il che era ampiamente fuori programma, visto il parterre di personaggi con cui mi è toccato cenare. Presenti: la corrispondente del Times di Londra, un ex inviato del New York Times che ora però scrive libri, un manager inglese che è esploso negli Stati Uniti come scrittore di romanzi a sfondo storico sulla Cina, sua moglie Hong Ying nota scrittrice tradotta anche da noi, una intellettuale sino-canadese e suo marito che suppongo americano ma forse è scozzese data la parlata totalmente incomprensibile ( Qwerty per comodità, non ho capito neanche il nome). Ah, già, stavo dimenticando Ian Buruma, tanto per aggiungere neurone su neurone. 
Insomma, un insieme terrificante, sulla carta. Invece è andato stranamente tutto liscio, cosa che mi permette di darvi
Il Segreto Della Cena Perfetta Con Gli Intellettuali Anglosassoni (E Cinesi): 
- Dall'arrivo del primo ospite, cominciate a somministrare generose dosi di vino rosso fortissimo guardandovi bene dall'offrire anche solo due pistacchi. Quando l'ultimo arrivato avrà deposto il cappotto, sarete già tutti piacevolmente stonati e pronti a trovarvi tutti simpaticissimi, of course.
- Cercate di far cadere il discorso sull'Italia. Hanno tutti almeno un casale nelle Marche e un cugino a Firenze e la conversazione per una mezz'ora è assicurata.
- Se avete la sfiga di sedere fra Ian Buruma e Qwerty, come è successo a me, rilassatevi: tanto uno è un genio e l'altro scozzese, non li capireste comunque. Sorridete quanto Milly Carlucci (vabbé, quasi), e diventate la regina  dell'interiezione (es. "Oh, really?" "How funny!""that's why!"ecc.). Quando avrete raggiunto il giusto equilibrio alcool/zen, comincerete persino a parlare inglese.
- Un piatto piccante ai limiti dell'immangiabile o un commensale irlandese contribuiranno positivamente al numero di battute della serata. 
- Non essendo italiani, gli intellettuali anglosassoni hanno la bizzarra abitudine di essere estremamente eteroriferiti. Il che vuol dire che parleranno di tutto fuorché dei loro libri o dei loro articoli, o dei loro lavori. E lo faranno in maniera chiara (Qwerty a parte), acuta e divertente. "How strange, indeed!"
 - Avvertenza per le signore ex-lavoratrici, ex-indipendenti, ecc. Potreste sentirvi lievemente a disagio alla presenza di donne che fanno lavori fighissimi mentre voi da un po' di mesi a questa parte avete metaforicamente le pattine di feltro in testa. Ma basterà coinvolgere Buruma in una serissima conversazione sulla cucina mediterranea versus quella jappo e ritroverete immediatamente il vostro posto nel mondo. Vero, Bree?

lunedì 9 marzo 2009

Il verme della letteratura (io).

Basta con le pattine e i panni per l'argento: dal 6 al 20 marzo la libreria Bookworm ospita un prestigioso International Literary Festival e decido di andarci. Un programma fitto e interessante che comprende autori inglesi, cinesi, australiani... italiani neanche l'ombra, ça va sans dire
Comincio con Ian Buruma, pezzo da novanta su diritti umani e giornalismo politico, nonché fine scrittore ("fine scrittore" lo aggiungo tanto per darmi un tono, visto che ho letto solo i suoi articoli, e neanche un libro). Sentendomi molto intellettuale, entro in una saletta affollata e mi siedo sfogliando il programma. Ah, naturalmente Bree voleva venire a sentire tale improbabile Fuchsia Dunlop sulla cucina cinese e soprattutto "Why Manners Matter, the Etiquette of Diplomacy", ma l'ho guardata talmente dall'alto in basso che non ha più osato dir niente. Altro che cucina, qui siamo in mezzo all'intellighenzia vera!
Nell'attesa, vengo messa a parte del fatto che effettivamente ceneremo con Buruma e un po' di scrittori vari mercoledì sera. Cosa? Panico: non posso andare a cena con una banda di geni della letteratura e non aver letto una riga dei rispettivi capolavori. Farò la fine di Bridget Jones con Salman Rushdie; sembrerò un film di Woody Allen, agh! Mi alzo e comincio ad arraffare i libri di tutti gli scrittori del festival leggendo e tentando di memorizzare le quarte di copertina. Intorno cominciano a guardarmi strano. Mollo il colpo rendendomi conto che solo i libri di Buruma sono cinque, neanche se mi chiudessi in casa notte e giorno arriverei a finirli per mercoledì sera. Ma perché non vendono qualcosa tipo "Cultured in 15 minutes" - "The Complete Pocket Guide to Dating Writers" - "How to Survive to a Literary Dinner" - "Show 'em You've Read 'em", ecc.?
Intanto la presentazione comincia. Buruma è... beh, è intelligente. Cerco di seguire quello che dice, una piacevole e dotta disquisizione sul suo ultimo libro, ma sono paralizzata dal terrore. Arrivo al punto di pensare seriamente di farmi biondoplatino, mettere un push-up e cinguettare di oroscopi "Mi faccia indovinare il suo ascendente, Ian... posso chiamarla Ian?". Ah, se almeno a cena ci fosse Fuchsia Dunlop, potremmo parlare di cucina, io e lei!


martedì 3 marzo 2009

In un gelido mattino d'inverno.




A gennaio qui fa un freddo che non vi dico, tipo -10°. Quest'uomo era di fianco all'ingresso di un tempio e, con un rudimentale pennello spugnoso imbevuto d'acqua, tracciava lentamente caratteri sul selciato formando una perfetta spirale. Man mano gli ideogrammi asciugavano, sbiadivano e poi sparivano, vanificando il suo lavoro. Ma l'uomo continuava imperterrito, come se fosse primavera e il tutto rimanesse scolpito nel marmo. Mi è sembrato un momento molto bello e poetico, nonché metafora di un sacco di cose che non saprei spiegare bene, tipo la soddisfazione di un lavoro ben fatto in sé, a prescindere dal risultato, dal riconoscimento altrui, dal ritorno economico o sociale. Di questi tempi a parte l'automotivazione non resta molto su cui contare, in effetti.

giovedì 26 febbraio 2009

Paparazzi.

Pare che tre persone si siano casualmente date fuoco di fianco a piazza Tiananmen proprio il giorno del capodanno del Ti xxt. Dico pare, perché dopo poche ore le agenzie di stampa cinesi hanno "modificato" la notizia (nessun accenno al Tx bet, e non più tre che si sono dati fuoco, bensì "coinvolti in un incendio"), e tutti quelli che si sono precipitati lì a fotografare o filmare sono stati invece immortalati a loro volta, da svariati agenti in borghese.

Fitness goddess.



Davanti alla palestra del mio compound oggi c'era un banchetto con vari incensi e offerte votive. Dev'essere per implorare la dea del Dimagrimento e della Forma Fisica contro i démoni della cellulite. Magari funziona, hai visto mai.

giovedì 19 febbraio 2009

Liste e liste nozze.

Nessun invito per Bree da Hillary Clinton. La poverina è così delusa che quando mi propone di fare "una cenetta" per qualche amico acconsento sconsideratamente senza soppesarne le conseguenze.
Il risultato è che da due giorni cucino sette ore al giorno e nei ritagli di tempo corro in posti improbabili cercando cose assurde, perlomeno assurde a Pechino. Per esempio è del tutto impossibile trovare dello spago da cucina, della salvia, del ginepro, della panna fresca da montare, della carta da forno che non prenda fuoco nel forno, dei fusilli lunghi. Bloccate le importazioni di riso Carnaroli (avete voluto dare la cittadinanza al Dalai Lama? Tié). E dove diavolo lo trovo del lombo di agnello? Lombo? Mi ci è voluto un giorno solo per capire che in inglese è "loin", come se l'inglese qui servisse a qualcosa. I cinesi, che sono dei saggi, invitano sempre e solo al ristorante. Provate a dirlo a Bree, la sua unica reazione sarà un'alzata di spalle e un "ricordati anche i panni per l'argento". Timidamente obietto che:
-In un paese comunista e fino a ieri morto di fame, non è che proprio le posate d'argento in lista nozze (e se per questo anche le liste nozze) siano così diffuse, ergo è impossibile trovare panni per pulirle.
-La dotazione d'argenteria presente in casa risulta composta da due sottobottiglie, una cornice, un anellino e le cartine interne delle gomme da masticare Wrigley's.
Obiezione respinta con sdegno, avrei dovuto portarmeli dall'Italia, come ho potuto dimenticarmeli? Eh, già, come?
Scappo, sto perdendo tempo, devo ancora fare le tarte Tatin.

martedì 17 febbraio 2009

Hillary & Bree.

Uno dei nostri ministri ha molto opportunamente rinunciato alla sua visita a Pechino. Hillary Clinton invece sta per arrivare e Bree, naturalmente, è tutta un fremito. Ho cercato di spiegarle che il Dipartimento di Stato americano non prevede inviti per entità psicopatiche abitanti il corpo di cittadine italiane, ma non c'è stato verso. Prevedo una settimana difficile. 

giovedì 12 febbraio 2009

Tango alla pechinese.

Poiché ho deciso per la prima volta in quattro mesi, naturalmente piove per la prima volta in quattro mesi. Vado lo stesso, esco sotto il diluvio, e naturalmente non c'è un taxi neanche per sbaglio, come in ogni vera metropoli che si rispetti. Mentre sono lì a infradiciarmi, qualche angelo arriva alle mie spalle con un ombrello e riesce persino a far materializzare la vettura (grazie, sconosciuto expat senza nome). Il Sino-chu Wine bar è dietro l'ambasciata australiana. Al piano di sopra, una saletta che funge da milonga. Sgattaiolo in un angolo, c'è una lezione in corso: non posso crederci! Sono Pablo y Noelia, da Buenos Aires. Due che ballano molto bene (guardatevi qualcosa su YouTube). La lezione è teoricamente per degli intermedi, ma il panorama vira più fra il principiante e il negato-cronico. Ci sono soprattutto coppie miste, lui expat e lei cinese, ma anche qualche tanguero locale abbastanza disastroso. Rabbrividisco all'idea di ballare con dei soggetti simili, ma tant'è, ormai sono arrivata e ci resto. Finisce la lezione e un cinese alto che non ho visto ballare viene ad invitarmi. Mi alzo pronta al martirio e invece... balla bene! Lo so, lo sento prima ancora di muovere un passo. Ha un abbraccio bello, che avvolge ma non stringe. Va a tempo. Non fa lo splendido con passi kamasutrici per far vedere quanto è bravo. Ha persino un buon odore. Mi sembra troppo bello per esser vero e infatti scopro dopo che è californiano di S. Francisco, ovviamente in transito. Sigh! Torno al mio posto con l'aria sconsolata di chi sa che il meglio della serata è alle spalle. E qui entrano in gioco i miseri resti delle mie ciglia finte (esattamente una sull'occhio destro e tre sul sinistro). Con un ultimo sforzo di volontà fanno un flapflap da manuale e insomma, davanti a me appare Pablo in persona che mi fa "bailamos?". Ora, parliamoci chiaro, è una coincidenza astrale che non si ripeterà mai più nella vita. Ovvero il fatto che (Noelia a parte), mi trovi ad essere la ballerina migliore della sala, neanche se arrivasse un'epidemia di peste bubbonica selettiva risuccederebbe. Insomma, il poveretto ha ben poche altre chances, questa sera. Però potrebbe sempre restarsene tutta la sera ingrugnato sulle sue, come alcuni italiani che ben conosciamo. Naturalmente ci ballo da schifo, sono così emozionata che divento di legno, non riesco assolutamente a lasciarmi andare e così questo sarà il mio primo e ultimo ballo con lui, temo. 
Torno a sedermi inebetita, ballo con un altro paio di tizi e poi mi reinvita il californiano.
Qui chiude tutto presto, per cui a mezzanotte sono fuori. Non piove più. Sono così felice che faccio due passi a piedi, canterellando Di Sarli fra le pozzanghere.

lunedì 9 febbraio 2009

Gli ultimi fuochi.

Ieri notte la città è letteralmente esplosa: Festa delle Lanterne, ovvero l'ultimo giorno del Capodanno cinese. Fuochi d'artificio ovunque e ininterrottamente, petardi, spari. Vicino a casa mia è andato a fuoco il cantiere del Mandarin Oriental, dietro la torre della CCTV. Peccato che io non me ne sia accorta, persa dietro a Mr.Darcy nella vecchia serie della BBC di "Pride and Prejudice". Oggi, finalmente, silenzio.

domenica 8 febbraio 2009

Pechino casual.

Festa di compleanno in un locale. Stavolta sull'invito c'è scritto un rassicurante "dress code: casual", cosa che avrebbe dovuto insospettirmi (se la festa è davvero casual, al massimo ci si preoccupa di chi porta il vino, non di come verrà vestito).
Comunque decido di prendere il tutto alla lettera, e mi metto i jeans, vada come vada. Prima di uscire ho un momento Bree e piazzo su una blusa di seta, tanto per bilanciare. Bene, il concetto di festa casual qui è che:
- Il localino casual è il Pangu 7 star Hotel (l'unico al mondo a parte quello di Dubai), con lounge panoramica vista stadio olimpico e watercube.
- Tutti gli invitati devono lasciare in modo casual il loro biglietto da visita all'ingresso, su un vassoio d'argento casualmente presidiato da due gentili hostess.
- Il numero dei camerieri presenti è pari o superiore a quello degli ospiti.
- C'è oggettivamente qualche signore in jeans, ma le signore sono casualmente tutte in nero con qualche oscillazione dalle perle al collo di pelliccia.
- Alla fine della festa, tutti gli invitati ricevono un sacchettino (di carta, eh, la festa è casual), con dentro un regalino, una brochure casual del Pangu Hotel, e una seconda brochure habillé con sette dico-sette-cd rom sull'albergo, uno per stella.
Non resta come al solito che il metodo Belushi: bere, e parecchio, per dimenticare. 
Ah, ma stavolta è l'ultima, non mi fregano più. Visone fino a luglio, guarda.  

venerdì 6 febbraio 2009

Fiuuuu! Poi gnam.

Ce l'ho fatta. Bree è seccatissima perché ho preso il punteggio più basso della classe, persino due punti dietro la texana, ma ce l'ho fatta. A me sembra già un miracolo che non mi abbiano rimandato indietro senza passare dal via. 
Intendo festeggiare con un lussurioso beggar's chicken, sabato sera. Piatto fantastico ripieno di leggende varie: quella che preferisco narra di un mendicante affamato che rubò un pollo in un cortile e gli tirò il collo. Aveva acceso la legna e stava per cuocerlo, quando sentì arrivare le avanguardie del corteo dell'imperatore. Preso dal panico, nascose completamente il pollo avvolgendolo nel fango e lo buttò sul fuoco. L'imperatore passando sentì un profumo tale che chiese di conoscere il nome del piatto, e da allora il beggar's chicken divenne un manicaretto del menu di corte.
Sconsigliabile da preparare a casa, dura ore e ci vuole un sacco di Das, ammesso che ancora esista.
Meglio al ristorante, sconsigliato solo nel caso di coppie clandestine perché ve lo portano suonando un gong e dovete rompere l'involucro d'argilla a martellate, insomma non proprio il massimo della discrezione. 

lunedì 2 febbraio 2009

I will survive.

Venerdì finisco il corso di cinese per principianti e passo al secondo livello. O almeno così credevo fino ad oggi, quando l'insegnante, con un sorriso sadico, ha annunciato che dopodomani ci sarà l'esame. Esame? No, dico, scherziamo? Sono in grado di farmi più o meno capire da un tassista e riesco a confondere con una certa sistematicità i verbi essere e avere, ma in realtà ho studiato un decimo di quello che avrei dovuto e non ricordo 3/4 del libro. E mo'? Farsi bocciare a un'età in cui una volta si era baby-pensionati? Farsi umiliare da quelle quattro anglofone che hanno preso lezioni private sottobanco? Asciugamani bagnati, ripetizioni in corner, anfetamine, devo farcela, maledizione.

venerdì 30 gennaio 2009

Se tanto mi dà tanto.

Sono le 23 e continuano a sparare dalle 7 di stamattina. Considerando che il tutto va avanti da 10 gg, la spesa media per razzi, petardi e fuochi d'artificio dovrebbe ormai aver superato il prodotto interno lordo del Kenya. Non oso pensare a quanto viene destinato alle armi  vere.

giovedì 29 gennaio 2009

La vita è sogno (o i sogni aiutano a vivere?)

Mentre fuori infuria la contraerea (è una settimana che sparano razzi e fuochi d'artificio ininterrottamente), finisco un romanzo meraviglioso, "Il sogno della camera rossa" (grazie, Ubu). Trattasi di mattonazzo di oltre 1.000 pagine, scritto intorno al 1760, che descrive minuziosamente la vita quotidiana di una grande famiglia nobiliare, nelle corti di Jung-kuo e di Ning-kuo. Incredibile mix di Recherche, Buddenbrook, Edith Warthon, Tolstoi, Calderòn de la Barca e naturalmente Beautiful, "Il sogno della camera rossa" ha un andamento narrativo tortuoso e modernissimo, contrapponendo gli estenuati ed estenuanti riti quotidiani (lavarsi, scambiarsi visite, sedersi a mangiare, sorvegliare la servitù, organizzare feste e cerimonie) di una società prigioniera di se stessa, al grande vuoto tao-buddista, sola vera illuminazione contemplativa a fronte delle risibili pene umane. Confuso e infelice fra questi due estremi, il giovane Pao-yu è rebel without a cause secoli prima di Jimmy Dean e, naturalmente del giovane Holden. Grandezza e decadenza, ammore, intrighi, scenatacce e suicidi a volontà, il tutto descritto con tale delicata raffinatezza che al confronto Proust sembra un Hell's Angel californiano.
Nota per eventuali aspiranti lettori: è doveroso avvisare che il libro ha tre grossi difetti, due non suoi. 
- Non è cucito ma incollato. Su un tomo di questo spessore vuol dire che una pagina su tre vi rimane in mano. Da denuncia penale.
- Numerosi capitoli, in particolare gli ultimi quaranta, "per esigenze di brevità" sono semplicemente riassunti. Il traduttore era stanco? L'Editore pensa forse che abbiamo fretta? Se mi annoio le pagine vorrei saltarle io, grazie.
- Ora non è per voler fare del marketing di fronte all'Arte, ma differenziare un po' di più i nomi dei personaggi non avrebbe fatto un soldo di danno. Voglio dire, si chiamano tutti Chia Chen, Chia Cheng, Chia Ch'in, Chia Chu, Pao-ch'ai, Pao-ch'in, e così via per 450 personaggi. Poi non dite che non ve l'avevo detto. 

sabato 24 gennaio 2009

Winter Games 3

 Gioco dei cerchietti a premi sul lago Houahi.

Winter Games 2

     Venditore di palloncini sul lago Houai.

lunedì 19 gennaio 2009

Post-Olympic Winter Games


Al centro di Pechino c'è un laghetto, diviso in due rami, Houhai e Qian Hai. Essendo uno dei pochi angoli pittoreschi della città, è letteralmente preso d'assalto da turisti e locali, che amano passeggiare sulle sue sponde. In inverno gela, e la vostra eroina in vena di sperimentare l'autentica local way of life, si avventura sul ghiaccio infido ostentando sicurezza. Ora non so voi, ma a parte le asettiche piste da centro commerciale, a me il ghiaccio naturale fa venire in mente nell'ordine: Titanic, il primo film del Decalogo di Kiewslowski, e la spedizione di Robert Falcon Scott al Polo Sud. Tutta roba che come si sa va a finir malissimo. Quindi scruto senza parere la superficie cercando di scoprire le crepe assassine che sicuramente si apriranno al mio passaggio (dio, perché a Natale ho mangiato tutti quei pandori?).
Pensando di faticare meno, invece dei pattini scelgo una slitta fatta con due sedioline da scuola fissate a delle lame. Errore: dopo sei minuti sono distrutta perché bisogna spingersi a mano con due racchettine e l'adduttore latita. 
Comunque, inspiegabilmente il ghiaccio regge, e la mattinata di puro divertimento anni '50 continua. Anzi, la prossima settimana si replica, tié. 

domenica 18 gennaio 2009

Vacanze intelligenti.

La Cina si ferma per ferie. Per il Capodanno 188 milioni di persone hanno acquistato il biglietto del treno e si stanno mettendo in viaggio (più quelli che vanno in aereo, in auto o a piedi, of course). E' lo spostamento di massa più enorme della storia. In realtà volevano partire in 230 (sempre milioni), ma le ferrovie non ce la fanno a emettere più biglietti di così, e quindi sono esplosi casi di bagarinaggio alle stazioni. I supermercati sono presi d'assalto, la gente fa scorte da guerra, non si trovano più taxi (un conducente su tre viene dalla campagna, e quindi torna a casa anche lui). E cominciano a sentirsi continui colpi di cannone: nella patria della polvere da sparo e dei fuochi d'artificio, queste sono solo le miccette preparatorie. Ussignùr, a me già stressava il Capodanno nostrano.
 

Buoni propositi 09 #3 - risparmiare e basta.


Per esempio sulle confezioni regalo di acqua Evian firmate Lacroix a prezzo triplo. Visto come è facile? 
PS. No, ma dico.

martedì 13 gennaio 2009

Buoni propositi 09 #2 - risparmiare sensi di colpa.

Fare cose anche assurde dandogli una pàtina di razionalità fa sentire molto fiere di sé. Per esempio, io ho fatto un'extension alle ciglia. Invece di vergognarmi di me per aver sprecato tre ore di vita a farmele appiccicare, con un risultato fra Minnie, un manga jappo e "Che fine ha fatto babyJane", ho deciso di puntare su quanto ho risparmiato in mascara la mattina (e in struccanti e dischetti di cotone la sera, vuoi mettere). 

domenica 11 gennaio 2009

Buoni propositi 09 #1 - curare il fisico.


Il qi pao è il più famoso abito tradizionale cinese, nonché l'invenzione più sadica nella storia del costume (leggings a parte). Tutte ci si innamora del capetto vedendolo indossato da sensuali ed elegantissime creature nei vari "In the mood for love" ecc. Il mix fra linea severa e accollata e spacchi laterali vertiginosi è, in effetti, irresistibile all'occhio occidentale, estenuato da anni di velinismo smandrappato. Dunque lo si acquista pensando a Gong Li & co., finendo piuttosto per sembrare un salame mal legato: il qi pao evidenzia impietoso qualunque minimo filo di grasso, schiaccia la tetta, segna il fianco e vi fa sembrare al quinto mese di gravidanza se solo pensate di mangiare uno di quei salatini. 
Il qi pao è un abito per donne che tendono all'assoluto, cioé masochiste conclamate. Naturalmente Bree ne ha due, noblesse oblige.

giovedì 8 gennaio 2009

Happy ox year!

Naturalmente qui anche le feste sono diverse: come sospettavo "The befan" non è contemplata, mentre stanno per partire le VERE vacanze: il Capodanno cinese, che una volta durava un mese e ora solo due settimane. Via gli alberi di Natale e i santa Claus, ora decorazioni di carta intagliata ovunque e palloncini rossi a gogò. In questo periodo tutti e dico tutti i cinesi tornano a casa e festeggiano in famiglia: immaginatevi una bolgia ferragostana moltiplicata per dieci e forse vi fate una vaga idea. Anno del bue in vista, appena accendi la tv è tutto un muggire di spot. Sarà migliore del coniglio? Facciamo le corna.