venerdì 23 aprile 2010

China Girl Syndrome

Attenzione: questo post contiene espressioni politicamente scorrette.

Altro che aviaria, altro che A-flu, c'è un altro spettro che si aggira per la Cina...
Gli uomini che preferiscono le bionde, i cultori del lato b e quelli che sotto la terza non è vero amore sono le uniche categorie maschili relativamente esenti da rischio. Tutti gli altri sono vittime designate della China Girl Syndrome, che colpisce i maschi della comunità expat in percentuali devastanti. Praticamente ogni giorno incrocio coppie e coppiette miste esclusivamente composte da un lui occidentale e da una lei orientale che gli tacchetta a fianco sgraziata (ciabattano e si muovono malissimo tutte). Va detto che qui molto spesso le cinesi sono notevoli: slanciate, esili come giunchi, spesso gran belle gambe (a differenza delle colleghe jappo), visi delicati e dolcissimi, serici e lunghissimi capelli neri. Le CG non manifestano alcun segno di cellulite, non sudano nemmeno a 40°, dimostrano in media dieci anni di meno dell'età reale. Girano in shorts e stivali sadomaso dalla mattina alle nove. Opportuni reggiseni e mutande imbottite riempiono otticamente zone strategiche per lo sguardo maschile. Ovvio che il confronto con qualunque donna occidentale overtwentyfive diventa quanto meno crudele. E non pensiate di cavarvela come la sottoscritta, vestendovi con eleganza e camminando con grazia ostentata. Si sa che all'eterosessuale medio della grazia e dell'eleganza femminile non gliene può fregar di meno, e in generale l'unico pensiero riguardo i vestiti di una donna è come toglierglieli, non negate.
Personalmente dopo il primo periodo di ammirazione sorpresa, di entusiastica sorellanza, di complicità femminile, di cauta competitività, di seccato sarcasmo, sono ormai nella fase dell'esasperazione totale. Insomma incrociare lo sguardo ebete di una cinquantina di maschi al giorno che ti ignorano come fossi un fantasma solo perché sono occidentale alla lunga mina l'autostima, che diamine. Quasi quasi vado a farmi bionda e a imbottire il reggiseno come un siluro. Anzi no, mollo il colpo, compro delle crocks e vado in giro in t-shirt informi ingrassando come una farmer australiana, che liberazione.

mercoledì 7 aprile 2010

Il salmone.

Finalmente! Dopo mesi in cui era chiuso per restauri (lifting?), posso finalmente visitare il mausoleo dove giace, imbalsamato, il Grande Timoniere. Non che morissi dalla voglia, sono più della scuola JeromeKJerome sul rifiuto integrale per reliquie, teschi e altre amenità solitamente propinate da cripte, cappelle & co. Ma in un paese come questo, dove il culto laico per Mao continua a sopravvivere, ero troppo curiosa di vedere con i miei occhi.
Dunque eccomi in fila, nella gigantesca piazza Tian' an men. La coda è sterminata, migliaia di persone che arrivano da tutta la Cina, si notano le differenze etniche, alcuni hanno il cappellino bianco dei musulmani, molti sono vestiti poveramente, si vede che son contadini. Le misure di sicurezza sono imponenti, la borsa va lasciata in un altro edificio, previa altra coda, poi detector come in aeroporto e altoparlanti che danno istruzioni in cinese su cosa fare e non fare (togliere gli occhiali da sole, via il cappello, ecc). Non pensavo che tanta gente fosse ancora così desiderosa di vederlo. Prima di entrare si può acquistare un dépliant che illustra cosa c'è all'interno, o dei fiori bianchi avvolti nel cellophane, che però andranno deposti nell'atrio.
Si entra silenziosi in due grossi serpentoni di folla, che dopo la prima sala confluiscono in una stanzetta ai lati del corpo: si ha appena il tempo di vedere il salmone, in divisa e semicoperto dalla bandiera. Il viso è inquietante perché hanno cercato di retroilluminarlo e l'effetto è quello di una lampadina arancione posta dentro la testa.
'Circolare, circolare' credo dicano i guardiani, che in men che non si dica ci spingono tutti fuori. Mi sembra di aver fatto la comparsa in un film patriottico, che impressione. Anche un po' schifo, via.